ECONOMIA NATURALE o MONETARIA |
Torna a MATERIALI | |
A. CASTELLACCIO, Economia e moneta nel Medioevo mediterraneo, Olbia, 2005, p. 92, non accetta
"il convincimento che alla base degli scambi debba esserci necessariamente l'utilizzo di moneta, laddove in sua assenza lo scambio di beni (oggetti materiali, beni immobili, animali, servi) sarebbe sinonimo di un'economia di baratto."
Condivide la visione di Marc Bloch sintetizzata in queste frasi:
"le monete non sono necessariamente fatte di metallo
prezioso, poiché si può immaginare che certe merci particolarmente pregiate o di prima necessità possano servire ad un tempo quale misura dei valori di scambio e/o mezzo di pagamento";... "nel baratto puro l'equivalenza delle materie scambiate è regolata ogni volta",
... "essa viene regolata in anticipo quando si tratta di monete, cioè di
misure" Continua:
"Ci pare questa la giusta chiave di lettura di certa documentazione isolana del secolo XII, con appendici nei decenni finali dell'XI ed iniziali del XIII (periodo di transizione da un'economia prevalentemente di baratto ad una monetaria), in cui sono attestati degli scambi secondo modalità e strumenti differenti che evidenziano l'evoluzione del sistema economico isolano."
Propone infine uno schema originale elaborato in base ad un accorpamento per tipologie:
|
||
IL BISANTE
Il Bisante, moneta aurea bizantina (solitamente tra 4,5 e 4,8 grammi d'oro), viene ricordato nelle schede dei condaghes sia come moneta vera e propria sia, più frequentemente, come strumento di conto, come termine di riferimento in ricordo del vecchio valore della moneta. Gli esemplari più tardi ritrovati in Sardegna, che venivano conservati preziosamente, tesaurizzati, da chi li possedeva, risalgono al X secolo e testimoniano il perdurare di influenze culturali ed economiche nell'isola anche in un momento nel quale le istituzioni locali, i giudicati, o regni, si erano già sviluppate rendendosi indipendenti dal controllo esterno. Esemplari più antichi sono datati nei secoli precedenti. |
||
Moneta
aurea (solidus o bisante) di
Constantino V, 741-775 peso 4,44 g., coniato a Costantinopoli. Busto frontale di Costantino V con barba corta, col simbolo del potere, scettro e croce. Sulla faccia opposta busto frontale di Leone III (padre di Costantino V) con barba corta, col simbolo del potere, scettro e croce. |
||
Nei secoli più antichi del Medioevo
la moneta d'oro non era usata in Europa. Si preferiva coniare esemplari in
argento o bronzo. Le prime monete ad avere una certa circolazione in
Occidente furono quelle provenienti dalle regioni orientali del
Mediterraneo, dal mondi islamico e da quello bizantino. Proprio da quest'area
provenivano i Bisanti, che prendevano la denominazione dal luogo
d'origine, Bisanzio, la vecchia Costantinopoli, capitale dell'Impero. Solo
con Federico II di Svevia la moneta aurea (l'Augustale del Regno di
Sicilia) fu introdotta massicciamente in Occidente e precedette di poco il
Fiorino di Firenze, la moneta aurea di maggior pregio e successo a partire
dal 1252, e il Genovino di Genova. Le monete auree furono usate da allora in poi nelle transazioni di grande valore, come garanzia nei pagamenti internazionali, e come suggello di valore significativo. Il rapporto tra oro e argento si stabilizzò in quel periodo sul valore di 1:9. |
||
La prima moneta non bizantina ad essere attestata in Sardegna è il denaro di Lucca, citato in un documento del 1089 a proposito di un suo multiplo di conto, il soldo (1 soldo = 12 denari / 20 soldi = 1 lira). Solo alla metà del XII secolo sono attestate sporadicamente in Sardegna altre monete di area italiana, il cui uso era limitato, comunque, ad operazioni di commercio con l'Oltremare. Non si trattava comunque di monete auree. |