LA COPIA DEL '700

(doc. del 1420)

 

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Documento del 1190

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Documento del 1420 (copia '700)

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Nostra Signora del Latte Dolce - Bosove

La copia del Condaghe di Barisone II conservata nell’Archivio Capitolare di Pisa è notoriamente incompleta. Di recente è stata rintracciata nell’Archivio di Stato di Torino una copia tarda, che risale al XVIII secolo ed è stata pubblicata in trascrizione da Emanuele Melis nella rivista “Theologica & Historica. Annali della Pontificia Facoltà teologica della Sardegna”, XV, 2006, pp. 321 sgg: Una copia settecentesca del Condaghe di Barisone II. Le proprietà medievali di San Leonardo di Bosove e di San Giorgio di Oleastreto.

Lo studio è incentrato soprattutto sulla pubblicazione del documento, che presenta qualche difficoltà di interpretazione soprattutto nella precisa lettura dei numerosi toponimi presenti. Interessante è in primo luogo il confronto sinottico che viene fatto tra il testo del documento del tardo XII secolo (secondo altri copia dei primi decenni del XIII) e quello del 1778 (copia di un esemplare del 1420). Di grande rilievo per la conoscenza del territorio circostante l’area di Sassari sono inoltre le parti riportate nel documento tardo, assenti nel documento mutilo antico.

Lo studio di Melis si apre con un breve riepilogo dei fatti che hanno determinato la scelta di Barisone II di produrre il Condaghe in questione. Vengono richiamati due documenti ben conosciuti, pubblicati entrambi in P. Tola, Codex Diplomaticus Sardiniae, Torino, 1861, t. I, rispettivamente doc. CIII, p, 245 e CVIII, p. 250.

Con il primo Alberto, arcivescovo di Torres, donava nel 1175 la chiesa di S. Giorgio di Oleastreto all’Ospedale di San Leonardo di Stagno, in Pisa, includendo esplicitamente una serie di pertinenze: “cum terris, vineis, silvis, servi set ancili, bobus, equi set iumentis, porcis, ovibus et capris omnibusque pertinentiis suis”. L’Ospedale, ubicato lungo l’itinerario che da Pisa conduceva a Livorno, aveva iniziato la sua attività già da una ventina d’anni, per iniziativa dell’arcivescovo Villano.

Con il secondo, nel 1177, Barisone II, sua moglie Preziosa de Orrù e suo figlio Costantino assegnavano allo stesso Ospedale, rappresentato dal rettore Sismondo, domum nostram et curiam de Bosove cum omni eius iure et pertinentia molendinorum scilicet et terrarum et omnium mobilium atque immobilium et se moventium in perpetuum vestre gubernationi committimus, anche questa volta con tutte le pertinenze. La donazione era subordinata all’adempimento di una richiesta del giudice che chiedeva che i proventi da questa donazione fossero destinati all’allestimento, all’organizzazione e al funzionamento di un ospedale da allestire, appunto, a Bosove, riservato “miserabilibus personis qui sontico morbo laborant scilicet leprosis”. I beneficiari della donazione avrebbero dovuto osservare “cotidianam sustentationem predictorum infirmorum qui elefantico morbo laborant”. La donazione sarebbe stata revocata e l’assistenza affidata all’arcivescovo di Torres e all’abate di Saccargia (Sacrario) se gli intestatari del beneficio avessero trascurato il loro servizio in favore dei bisognosi. Se si fosse verificato un qualsiasi atto di impedimento nei confronti di questa donazione, il colpevole avrebbe dovuto essere condannato al pagamento di 50 libbre d’oro puro all’hospitalerio di Stagno.  

L'Ospedale di Stagno di Pisa era una congregazione a carattere laico, anche se operava in collaborazione con le alte sfere della gerarchia ecclesiastica. Coloro che operavano nella struttura erano definiti conversi o fratres o ancora hospitalarii, ed erano guidati da una figura elettiva, un dominus o magister.  Era loro compito prestare assistenza a quanti si rivolgevano a loro, soprattutto viaggiatori, ma anche poveri o malati (vedi F. e G. Zucchelli, La comunità di San Leonardo di Stagno nei secoli XII e XIII, Livorno 2006). Dobbiamo ritenere che il modello di Stagno fosse applicabile anche a San Leonardo di Bosove dove, però, l'aspetto assistenziale per i malati di gravi malattie, come abbiamo visto, diventava prioritario. Il fattore assistenziale per i viandanti, importantissimo per un centro come quello di Stagno, località di passaggio obbligato di importanti vie di comunicazione tra l'Italia centrale e la Francia, diventava trascurabile per Bosove, dove non passava una strada altrettanto trafficata.

Sassari e il territorio circostante, nel quale prosperavano diversi villaggi, era in continua espansione demografica ed economica. Attirava uomini e attività non solo nelle regioni di pertinenza, ma anche, e soprattutto, dall’esterno. In particolare i mercanti soprattutto pisani, a quei tempi, che avevano da tempo fissato la propria residenza a Torres, iniziavano a preferire un’area del retroterra dove dare avvio ad un insediamento di tipo urbano.

Nel 1190 Barisone, in procinto di abbandonare il potere al figlio Costantino, che fino ad allora aveva diviso con lui il trono turritano, ideava la realizzazione del Condaghe in questione. In pratica affidava all’Ospedale di Bosove un documento articolato nel quale fossero registrate tutte le donazioni, le acquisizioni, le permute fatte finora, cosicché tutta l’attività economica della struttura fosse da allora in poi regolata da uno strumento amministrativo e giuridico di efficacia garantita.

Poco più di mezzo secolo dopo, nel 1257, l’Ospedale e la chiesa di San Leonardo di Stagno venivano affiliati al monastero pisano di Ognissanti.

Oggi alla copia del Condaghe rintracciata attorno agli anni Sessanta del secolo passato e pubblicata nel 1994 da Giuseppe Meloni e Andrea Dessì Fulgheri, notoriamente incompleta, può essere affiancato un altro esemplare, anch’esso incompleto per altre parti. Il ritrovamento di quest’ultimo è stato fatto da Emanuele Melis nelle sezioni riunite dell’Archivio di Stato di Torino, in particolare nel fondo relativo all’Ordine di Malta. Il caso ha voluto che, durante una ricerca imperniata sulla documentazione della Commenda di San Leonardo di Sette Fontane, località della Sardegna centrale, non lontano da Macomer, sia stato rintracciato il documento in questione, relativo anch’esso ad un San Leonardo, ma stavolta di Bosove, località, come già detto e risaputo, oggi inglobata nell’area urbana di Sassari. Come spesso accade un errore di catalogazione e archiviazione ha portato alla scoperta fortuita ma pur sempre meritoria di questo interessante documento.

Si tratta, come già detto, di una trascrizione settecentesca (1778) del Condaghe di Barisone II (o, se si preferisce, di San Leonardo di Bosove). L'intento era quello di riportare l'elenco di tutte le schede relative alle antiche proprietà delle monache pisane. Ci si riferisce a quanto contenuto in un documento del 1420, copia di "un libro antiguo de cartapecora vera que casi todos los saltos fueron concedidos del Juez Barison al hospital de San Leonardo de Bosue". Con questo documento del 1420 Giovanna de Ghaitani, monaca vicaria del monastero di Ognissanti di Pisa e procuratrice della chiesa di San Leonardo di Bosove, catalogava i territori di pertinenza così come veniva riportato “in del condache antico”. Anche la copia quattrocentesca è incompleta, poiché sono completamente assenti i riferimenti alle acquisizioni delle singole proprietà.

Alcuni dei saltus presi in esame in questa copia, sono presenti anche nel condaghe originale. Si tratta dei saltus di Ianne, Ackettas, Bados e Ispatula, Formicosu. Altri, invece, sono illustrati nella copia di Torino e dovevano essere trattati nel condaghe antico nella parte perduta e pertanto finora sconosciuta. Si tratta dei saltus di Monte di Ficos, Monte d’Orlaki, Donine, Ischa de lunis, Terra Donnica, Vadu de Bosue e Vadu Petrosu, Conchas, secondo la lettura che ne fa Melis.

Non è presente nella copia settecentesca del documento del 1420, come già detto, la parte relativa all’acquisizione delle proprietà, che faceva sicuramente parte della documentazione mancante alla copia mutila del 1190. Sarebbe stato di grande interesse se la Vicaria Giovanna de Ghaitani avesse fatto copiare anche questi dati che, comunque, ai suoi tempi non dovevano più interessare, in quanto non più attuali. I confini delle proprietà, invece e la loro descrizione topografica interessavano ancora, ai fini delle rivendicazioni delle singole proprietà, più di due secoli dopo, quando fu redatta la copia del documento. Grazie a questo fatto oggi possiamo ampliare le nostre conoscenze sul territorio. Per queste nuove parti, sarà necessario riesaminare le singole aree geografiche e tracciarne una mappatura che corrisponda a quella attuale, così come si è proceduto a suo tempo per i territori descritti nella copia del 1190.